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mercoledì 10 luglio 2013

Marchionne e il dialogo con minacce: «Di diritti moriremo»

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Marchionne parla nello stabilimento del Ducato, dove la presidente della Camera Boldrini non è voluta andare. «Gli ultimi investimenti ad Atessa, ma dopo la sentenza della Consulta il resto è congelato». Però apre alla Fiom
«La sentenza della Consulta aggiunge incertezze: senza regole certe, quello della Sevel è l’ultimo investimento della Fiat». Parla più che chiaro l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, davanti alla platea degli operai dello stabilimento di Atessa, dove il gruppo torinese realizza i furgoni Ducato. Quello stesso impianto dove aveva invitato la presidente della Camera Laura Boldrini, ricevendo un netto rifiuto: uno solo dei numerosi schiaffi dell’ultima settimana. Prima c’era stata la sentenza della Corte costituzionale, appunto, che aveva cancellato parte dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, riammettendo le Rsa Fiom nelle fabbriche. Subito dopo, Boldrini aveva ricevuto una delegazione delle tute blu Cgil a Montecitorio. Infine, la polemica con il vescovo di Nola, che aveva abbracciato i cassintegrati a un presidio: «Sostiene i violenti», la stilettata del management. E così, ieri, il super dirigente italo-canadese (e adesso anche Usa) si è tolto diversi sassolini dalle scarpe.
Marchionne ha articolato il suo pensiero, precisandolo più tardi nel corso di un incontro con i leader di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. «Non lasciamo gli stabilimenti europei in balia di un mercato in declino: investiamo in Italia per preservare l’ossatura manifatturiera del Paese», aveva detto agli operai di Atessa. E su Mirafiori, stabilimento realmente in declino e per ora senza prospettiva, su cui aveva lanciato un allarme qualche giorno fa il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato: gli interventi a «Torino arriveranno quando saremo pronti». ha detto.
Gli investimenti, comunque, saranno congelati in attesa di un chiarimento sulle relazioni sindacali dopo la sentenza della Consulta, e toccherà anche al governo dire la sua: «Non vogliamo mettere in discussione gli investimenti già annunciati, ma non possiamo accettare il boicottaggio dei nostri impegni, avallati anche da autorevoli istituzioni (chiaro il riferimento alla Consulta, ndr). È importante che questo governo proponga qualche soluzione, ci dica quali sono le nuove norme che vanno a rimpiazzare l’articolo 19».
Dopo l’incontro con l’ad Fiat, è stato Luigi Angeletti ad aggiungere nuovi elementi, spiegando che anche con loro Marchionne ha ripetuto di voler fermare per ora lo stanziamento di nuove risorse sugli impianti italiani: «Marchionne ci ha comunicato che, in assenza di norme certe, la Fiat fermerà gli investimenti a Mirafiori e a Cassino», ha detto il segretario Uil.
In ogni caso, gli investimenti per Atessa (almeno quelli) per il momento sembrano garantiti: «Oltre 700 milioni di euro per estendere e consolidare la supremazia Sevel», ha detto pomposamente Marchionne. E poi è arrivato il turno della lamentela: «Tra il 2004 e il 2012 abbiamo investito in Italia 23,5 miliardi, e ricevuto agevolazioni per 742 milioni. È assurdo dire che viviamo alle spalle dello Stato – ha affermato – Noi continuiamo a credere e a investire in Italia». Un anelito di «patriottismo» che da solo non riesce a fugare le preoccupazioni sugli stabilimenti del nostro paese – tutti in cassa integrazione – e sul progressivo spostamento della «testa» (come anche delle produzioni) del gruppo Fiat all’estero.
Ma non è finita qui, perché in realtà il deus ex machina della Fiat ha pure aperto alla Fiom, affermando di essere disponibile a incontrare il segretario Maurizio Landini, suo tradizionale antagonista. I metalmeccanici Cgil ultimamente, dopo la sentenza della Consulta, forti probabilmente della vittoria, ma insieme preoccupati per lo stato della Fiat e dell’indotto (dove la cig fiocca e si temono licenziamenti), avevano aperto uno spiraglio al dialogo: l’«amo» lo aveva gettato un ex Fiom, oggi senatore di Sel, Giorgio Airaudo, in una intervista alla Repubblica di qualche giorno fa. Airaudo ammetteva che errori potevano esserci stati da entrambi i fronti e che sarebbe stato importante per tutti arrivare al dialogo. A questo «abbocco» è seguita una lettera di Landini a Marchionne, dove si chiede un incontro. Quindi nuovi spiragli.
E, ieri, la risposta dell’ad Fiat: «Di sicuro li incontreremo, ma non so dire se si tratti di un’apertura – ha detto Marchionne riferendosi alla lettera della Fiom – Credo semmai sia una mossa, ma confermo che li incontreremo». E ancora: «Siamo più che disponibili a incontrare la Fiom, ma partendo dal dato acquisito che non possono essere messi in discussione gli accordi presi dalla maggioranza. Li incontreremo con la speranza che anche loro riconoscano che in gioco c’è la possibilità di far rinascere il sistema industriale. Il Paese ha bisogno di ritrovare la pace sindacale se vogliamo far ripartire lo sviluppo. Dobbiamo tornare a un sano senso del dovere: per avere bisogna anche dare». Con una chiusa finale, che certamente farà discutere: «Lasciatemi dire che i diritti sono sacrosanti e vanno tutelati. Se però continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo».


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