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mercoledì 6 febbraio 2013

Landini non fa sconti a nessuno E la patrimoniale non deve essere solo sugli immobili

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Maurizio Landini, segretario della Fiom Cgil, entra a gamba tesa nella campagna elettorale. Punta il dito contro Mario Monti, ma anche contro Beppe Grillo e Pierluigi Bersani. Se li dovranno scordare, i tre leader, i voti dei fiommini.
Ha il maglione blu su camicia azzurra, come l'avversario Sergio Marchionne.
Nell'assemblea emiliana del suo sindacato fa la lista dei politici cattivi e dopo Silvio Berlusconi (ma qui siamo al deja vu) mette Mario Monti: «Le sue proposte», dice, «sono gravi e inaccettabili, in pratica per il mondo del lavoro sarebbe un ritorno all'800. Poi fa sorridere che chi ha guidato il governo cominci a fare promesse, chi gli ha impedito di realizzare quello che adesso propone? Aveva una larga maggioranza che lo sosteneva. Invece niente e adesso eccolo qui a promettere. È un'offesa all'intelligenza degli italiani, non è più il tempo delle promesse».
Landini ribadisce che la Fiom non arretrerà d'un centimetro anche se Marchionne (con la complicità di Cisl e Uil) l'ha messa fuori dalle fabbriche. E promette guerra al nuovo governo se non ci sarà quella che chiama «discontinuità» col governo Monti, che ha goduto dell'appoggio anche del Pd: «un errore», per il guru della Fiom. Del resto Pierluigi Bersani è nel calderone dei politici sindacalmente da rottamare: «è anacronistico, mi sorprende. Adesso dice addirittura no alla patrimoniale che invece è l'unico modo per uscire dal cul de sac in cui siamo precipitati. È ora di finirla di fare pagare il conto sempre e solo al mondo del lavoro».
Perciò un governo Bersani-Monti non può essere accettato dal sindacato perché «Monti pensa di andare avanti sulla strada tracciata in questo anno di governo e ciò sarebbe un danno per i lavoratori».
Se Monti sbaglia, il segretario Pd non fa meglio: «in Italia», afferma Landini, «di fronte ad una diseguaglianza sociale e ad una disparità di trattamento economico, dire che non si introduce una patrimoniale è un errore. L'Imu non può essere sostitutiva perché la patrimoniale non riguarda solo le ricchezze immobiliari ma anche quelle finanziarie. Continuo a pensare che un nuovo governo, se vuole cominciare a far pagare anche chi non ha mai pagato e vuole recuperare risorse, oltre a combattere l'evasione fiscale deve introdurre una patrimoniale non solo sui beni immobiliari».
Il fuoco di fila di Landini non risparmia neppure Beppe Grillo, che in verità sul fronte sindacale se l'è andata a cercare, urlando in piazza che i sindacati andrebbero aboliti («perché le aziende debbono essere di chi vi lavora»). «Abolire i sindacati? Vorrei ricordare che attraverso le loro organizzazioni i lavoratori sono stati un baluardo della democrazia in questo paese», risponde Landini. «C'è già Marchionne che sta tentando di farlo, quindi Grillo, per favore, lasci ai lavoratori il diritto di organizzarsi e di scegliere il sindacato che preferiscono. Se vuole fare qualcosa di positivo, si impegni a presentare in parlamento una legge sulla rappresentanza. Lo sa Grillo che mentre lui fa campagna elettorale perché tutti hanno il diritto di votare ci sono luoghi in cui questo è vietato e sono quelli di lavoro, dove i lavoratori non hanno più il diritto di scegliere? È come se alle elezioni politiche potessero votare solo coloro che sono iscritti ai partiti. Se uno dicesse una cosa del genere lo legherebbero perché penserebbero che è impazzito, invece nelle fabbriche succede proprio così e sarebbe opportuno che Grillo entrasse in queste fabbriche per rendersene conto».
Il leader Fiom vede come fumo negli occhi un'alleanza tra Monti e Bersani: «Se dovessi dare un consiglio a Bersani gli direi che la fase dei professori universitari l'abbiamo già avuta, sarebbe utile che ora si rappresentassero gli interessi delle persone che lavorano. Penso che il nuovo governo dovrà cambiare tutto ciò che Monti ha fatto, le riforme che la Fornero ha realizzato sono sbagliate e il nuovo governo deve essere in grado di cancellare l'articolo 8, ripristinare l'articolo 18 e rimettere mano alla riforma delle pensioni».
«Chiediamo ai partiti», aggiunge, «di voltare davvero pagina rispetto alle politiche del governo Berlusconi prima e Monti poi. Abbiamo chiesto una legge sulla rappresentanza. Se i partiti hanno a cuore che si superi una fase di divisione tra sindacati senza precedenti, il tema centrale oggi è fare una legge sulla rappresentanza che rimetta nelle mani dei lavoratori il diritto a costruire una vera unità sindacale. È una delle priorità che indichiamo al nuovo governo. Ciò vuol dire anche introdurre forme di partecipazione alla vita delle imprese per decidere le scelte e gli investimenti. Invece in questi anni si è sottorappresentato il lavoro e il peggioramento delle sue condizioni mette a rischio la presenza stessa delle imprese. Questo chiama in causa scelte di politica industriale e anche di intervento pubblico in economica che chi si propone al governo del paese deve affrontare».
Peccato che Bersani sembri non sentirci sul ritorno dello Stato come gestore di imprese industriali. Rimane solo Antonio Ingroia e Landini, dopo la premessa rituale che «il sindacato è autonomo e indipendente», ammette che «Ingroia è senz'altro una persona che ha dimostrato di fare il suo lavoro con autonomia ed indipendenza e può essere una possibile risorsa».

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