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martedì 18 settembre 2012

Fiat, il silenzio del Governo e il piagnisteo di Marchionne. Fiom: "Così Fiat salta in Italia"

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Mentre nel paese cresce il clima di tensione (a Pomigliano stamattina c’è stato un lancio di uova contro la sede della Uilm) e i sindacalisti non riescono a prodursi in niente di meglio che non sia la classica arrampicata sugli specchi,(Bonanni dice che l’intervista di Sergio Marchionne coparsa oggi su Repubblica ha chiarito molte cose) il Governo continua a tacere su tutta la linea. Ha installato sì un call center "passivo" a palazzo Chigi ma per il resto preferisce asttendere. E, nell'attesa, il titolo del Lingotto è costretto ad una piccola ma significativa perdita (circa due punti). Sergio Marchionne non convince. E’ questa la sintesi della giornata. Le dichiarazioni rilasciate ad Ezio Mauro, direttore di Repubblica, sono tutte un piagnisteo su quanto è brutto il mercato e quanto sono da “bar dello sport” certe dichiarazioni di alcuni imprenditori italiani contro di lui. Insomma, esce fuori un quadro inquietante in cui l’Italia è data per spacciata e quindi di fatto è una palla al piede per l’azienda che ormai si confronta con una dimensione mondiale. E anche se non ci saranno licenziamenti subito è chiaro che alcuni stabilimenti dovranno sacrificarsi. Il primo a capire cosa sta realmente accadendo è stato il segretario della Fiom di Torino Giorgio Airaudo: “Quelle di Marchionne "non sono rassicurazioni, e' solo un modo per prendere tempo. Non e' la prima volta che dice che mantiene gli stabilimenti in Italia con le vendite ed i profitti fatti all'estero quindi penso che sia sempre piu' urgente che questo paese stabilisca un patto con la Fiat, serve un accordo e solo il governo puo' farlo. Serve uno dei tanti accordi che la Fiat ha fatto in giro per il mondo".
Il Governo, ovviamente fa orecchie da mercante. Non è escluso però che siano al lavoro le varie diplomazie segrete per arrivare a qualcosa da dare in pasto all’opinione pubblica. La crisi Fiat arriva infatti “al momento giusto”. Da una parte serve ai partiti per proporre l’improponibile (che quasi mai coincide con gli interessi dei lavoratori) e, dall’altra, a consumare una definitiva resa dei conti in un pezzo di classe dirigente in evidente crisi di idee, e di capitali. Marchionne viene addirittura definito 'pinocchio del giorno' dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt, che cita l'ad di Fiat sulle promesse lanciate con Fabbrica Italia, per poi smentirlo con le nuove decisioni del gruppo. Il 21 aprile 2010 – ricorda il giornale nella rubrica con cui abitualmente pungola politici e personaggi del mondo economico-industriale con le loro 'bugie' - disse che avrebbe ''sviluppato la presenza di Fiat in Italia come centro strategico per la produzione, gli investimenti e l'export''. Ora il dietrofront. E’ vero che Marchionne ha un conto aperto con i tedeschi ma la formulazione dell’Handelsblatt è ineccepibile. Che non tiri aria buona è tornata a dirlo pure la Fiom. Il suo segretario generale Maurizio Landini rintrattica nelle parole dell’Ad del Lingotto la chiara intenzione di “andarsene dall'Italia. “Il problema e' ben piu' grave dell'ipotesi della chiusura di uno stabilimento – aggiunge -. Allo stato attuale vuole non investire in Italia e questo comporta il rischio che l'intero settore auto salti. Il problema e' impedire che cio' avvenga"."Il governo – aggiunge Landini - dovrebbe fare quello che fanno i governi dove ci sono problemi di questa natura, ovvero quello che ha fatto Obama, quello che hanno fatto in Germania e in Francia. E cioe' chiedere alle imprese di fare investimenti e prevedere anche una politica industriale compreso l'intervento pubblico che salvaguardi le attivita' produttive del nostro Paese, a partire dalla produzione di auto che resta strategica".

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