Pages

 

venerdì 29 giugno 2012

Un cavallo di Troia a Pomigliano Movimento operaio

0 commenti

Scritto da Domenico Loffredo*   
Venerdì 22 Giugno 2012 14:46
Storia di una sentenza che incide sui rapporti di forza tra FIAT e i lavoratori 
Descrizione: http://www.marxismo.net/images/stories/articoli2012/pomigliano_giu2012.jpgIeri, 21 giugno 2012, la battaglia iniziata esattamente 2 anni fa con il referendum imposto da Marchionne ha rivisto i riflettori accendersi su di sé. Il giudice del tribunale di Roma ha di fatto accertato la discriminazione che noi in più occasioni avevamo denunciato, e che anche i sindacati firmatari dell’accordo negavano.
Dall’elenco fornito dalla stessa FIAT, in cui comparivano 382 lavoratori iscritti alla FIOM il 31/ 12/ 2010, nemmeno uno di questi è stato riassorbito nella nuova società. Nonostante tutti i tentativi, a dire il vero alquanto goffi, della difesa, di dimostrare che il caso aveva voluto questo risultato, una perizia statistica affidata ad un professore di Birmingham ha smontato tutto l’impianto difensivo, decretando che un caso del genere poteva accadere casualmente solo una volta su un milione. La notizia è stata ovviamente accolta con grande gioia da tutti i compagni di Pomigliano, tanto che alcuni di loro, nella conferenza stampa indetta dalla FIOM, non hanno saputo trattenere le proprie emozioni.
La sentenza, che impone la riassunzione delle maestranze iscritte al sindacato dei metalmeccanico della CGIL, 145 per la precisione, potrebbe cambiare alcuni equilibri, che fino ad ora si erano generati nello scontro in atto. Il condizionale è d’obbligo vista l’ avversione della FIAT ad accettare le sconfitte: Infatti l’azienda ha già preannunciato ricorso. È chiaro a tutti che se la FIOM riesce a fare entrare in fabbrica i propri iscritti cadrebbe tutta l’intera opera messa in piedi dallo “stratega” Italo-canadese, di tenere rapporti solo ed esclusivamente con sindacati proni al suo volere. La fortezza costruita in questi anni comincia a scricchiolare e questa sentenza è il nostro cavallo di Troia, che può portare all’interno delle mura un nucleo di combattenti pronti a farsi rispettare.
Il giudizio quindi su quanto avvenuto non può non essere positivo ma allo stesso tempo bisognerà mantenere la mente lucida, perché le ricadute reali di quella sentenza per ora sono tutte da vedere. Bisognerà pertanto sfruttare questo colpo assestato dalla sentenza del tribunale, per costruire una mobilitazione ampia su Pomigliano che porti ad intrecciare le discriminazioni oramai accertate con il più difficile nodo del futuro produttivo. Per intenderci non vorremmo che la controffensiva possa sfruttare le nuove armi costruite apposta per i padroni da Monti e Fornero,. Tali norme, che rendono il licenziamento molto più facile, potrebbero giocare un ruolo importante visto lo scenario non limpido.
Di fatto senza altre produzioni Pomigliano rischia di essere il nuovo campo su cui sperimentare le nuove norme della riforma Fornero. Questo tema impone la riflessione anche su quale strategia attuare, è il momento di affondare il colpo, riprendere la mobilitazione e pretendere che tutti i lavoratori di Pomigliano e dell’indotto rientrino al lavoro.

* Segretario del Circolo Prc Fiat auto - Avio, Pomigliano d'Arco


Read more...

Fornero bocciata in Costituzione, il Pd pure…

0 commenti

di Fabio Marcelli
Quali sono le doti che si richiedono ai governanti, anche a prescindere, se vogliamo, dal loro orientamento politico? Certamente in primo luogo la fedeltà all’ordinamento giuridico e alle sue norme fondamentali, nel nostro caso, ovviamente, la Costituzione repubblicana, sulla quale sono stati chiamati a giurare non già per l’osservanza di un rituale bizzarro e desueto ma perché devono improntare tutto il loro agire al rispetto e all’attuazione dei principi giuridici in essa contenuti. Poi l’onestà, la trasparenza, la capacità di scindere i propri interessi personali da quelli del Paese.
Se ci chiediamo perché l’Italia vada male e verifichiamo l’esistenza o meno di tali elementari requisiti nei governanti degli ultimi anni, la risposta viene naturale e spontanea.
Il nostro paese va male perché, per una serie di ragioni che andrebbero attentamente analizzate, coloro che sono stati chiamati a governarlo negli ultimi anni si sono rivelati spesso del tutto privi di tali requisiti.
Non si pretende certo che la signora Fornero sia una luminare del diritto costituzionale e neanche del diritto in genere. Ma la sua battuta sul diritto al lavoro, che non sarebbe tale, è evidentemente rivelatrice, al di là della successiva penosa smentita, del suo approccio, assolutamente antitetico a quello proprio di un governante dignitoso di questo paese.
Che cosa dice l’art. 4 della nostra Costituzione? Il testo è il seguente:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Ora, se la Repubblica è in mano a gente come Fornero, è evidente che nulla essa farà per promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto, dato che, secondo lei, non di diritto di tratta, ma di una sciocchezza che i buontemponi dei nostri Costituenti hanno voluto inserire nel testo della legge suprema perché in preda a un accesso di populismo.
Perché stupirsi quindi se in Italia, secondo i dati ISTAT, ci sono 2 milioni e 354mila disoccupati, con un tasso di disoccupazione giovanile pari al 31,9% ?
Certo, c’è la crisi. Ma la crisi non è un evento naturale. E, se anche lo fosse, le collettività umane esistono e operano appunto per contrastare gli effetti negativi di eventi di qualsiasi genere.
Non occorre essere dei comunisti sfegatati per affermare questo. Pensiamo alle scelte operate da Franklin Delano Rooselevelt e al New Deal, ad esempio. Solo i più beceri fra i neoliberisti possono ancora essere convinti del fatto che il mercato, lasciato a se stesso, possa risolvere un problema, come quello della disoccupazione, che è un problema mondiale e che richiede pertanto politiche nazionali e internazionali precise basate sull’intervento pubblico.
Il difetto sta nel manico. Farsi governare da una come la Fornero è un po’ come andare a farsi fare un’operazione chirugica delicata da un macellaio o affidare alla banda bassotti la sicurezza delle banche. Questo oramai l’abbiamo capito tutti.
Quello che ancora forse qualcuno fatica a capire è perché un partito come il PD continui ad affidare le sorti del Paese a gente del genere (e perché la CGIL esiti ancora a convocare uno sciopero generale contro questo governo). Sempre a rigor di logica, dovremmo essere portati a pensare che i gruppi dirigenti di tale partito condividano in sostanza la bieca visione del mondo di Fornero, Monti e soci, secondo i quali, come dimostrano del resto le tristi vicende dell’art. 18 e degli esodati, è meglio avere un paese di sudditi servili e impauriti, privi per l’appunto di diritti, che di cittadini consapevoli e combattivi. Strada che porta alla rovina, anche economica, questo nostro disgraziato paese.
Sarò un inguaribile ottimista, ma voglio sperare che il popolo italiano mandi a quel paese (non il nostro paese), Fornero, Monti e i loro seguaci politici e sindacali. Infatti il nostro problema di fondo non si chiama spread e neanche globalizzazione, ma assume le sembianze di una classe politica-tecnica irrimediabilmente autoreferenziale, arrogante e impreparata, della quale è giunta l’ora di liberarsi.
da Ilfattoquotidiano.it

Read more...

venerdì 15 giugno 2012

Quei licenziamenti illegittimi

0 commenti

di ex RSU AluMil

Dopo una vertenza sindacale durata più di due anni con scioperi e presidio permanente dello stabilimento di Borgo a Mozzano, la fabbrica produttrice di Alluminio (48 dipendenti) che appartiene al Gruppo ALL.CO (quasi 600 dipendenti in tutta Italia) è stata condannata, pochi giorni fa, dal Tribunale di Lucca, Sezione Lavoro, per aver messo in cassa integrazione a zero ore e successivamente in mobilità
il rappresentante sindacale della FIOM-CGIL ed una lavoratrice invalida.
A questo servono le tutele garantite dallo Statuto dei Lavoratori, a partire dall’Articolo 18, importantissimo baluardo che va difeso a tutti i costi.
Infatti la soppressione o la semplice manomissione dell’Art. 18 aprirebbe la strada a chi, come l’ALUMIL, approfitta della crisi per buttare fuori dal cancello chi vuole. Magari cominciando dai più deboli o da chi prova ad organizzare qualcosa per evitare le delocalizzazioni ed i licenziamenti.
Oltre al supporto mai venuto meno della FIOM-CGIL, Rifondazione Comunista è sempre stata al fianco dei lavoratori Alumil in lotta, sostenendoli attivamente nelle iniziative di mobilitazione con i propri militanti e le proprie strutture (“Liberazione”, quotidiano del PRC, dedicò due intere pagine alla vicenda).
Pochi giornali, invece, la raccontano giusta sull’Articolo 18 e troppi politicanti parlano a vanvera dello Statuto dei Lavoratori. Probabilmente perché non sanno cosa significa lavorare ai tempi della crisi.
E’ nei momenti difficili che le regole servono e servirebbe casomai estenderle a tutti per far sì che nessun lavoratore possa essere esposto a condotte in stile Alumil.
Senza l’Articolo 18, oggi, le imprese si sentirebbero autorizzate ad operare i peggiori ricatti e le peggiori ingiustizie.
Sostenere che, per uscire dalla crisi, serva poter licenziare con più facilità ed ingiustamente (perché l’Articolo 18 impedisce i licenziamenti ”ingiusti”) è vergognoso, fuori dal mondo e fuori da ogni logica.
Difendere l’Articolo 18 è un dovere di civiltà.
(a cura della ex rsu dell’Alumil di Borgo a Mozzano)

Read more...

domenica 10 giugno 2012

La parola al lavoro", la Fiom incalza sinistra e centrosinistra

0 commenti

“Un sindacato autonomo e indipendente ma non indifferente”. Parte da qui la foto di gruppo scattata nell’aula magna dell’hotel Parco dei Principi a Roma dove questa mattina si è svolto l’atteso confronto tra la Fiom e i partiti di sinistra e del centro-sinistra. Pd, Sel, Idv da una parte e Prc, Pdci, Alba dall’altra. Una foto che non finirà in nessun album di famiglia, sia chiaro, perché alla fine ci si lascia con uno stentato arrivederci.
Del resto è proprio la “non indifferenza” della Fiom all’articolo 18 e alla rappresentanza sindacale/democrazia a segnare l’incomunicabilità dei metalmeccanici con Pd e Sel. Certe cose, comunque, è meglio dirsele in faccia.
E da oggi il sindacato dei metalmeccanici avrà almeno la certezza di aver parlato chiaro. Può proseguire tranquillo sulla sua strada, quindi. E il leader Maurizio Landini chiudendo i lavori invita tutti alle giornate del 13, 14 e 15 giugno. Ci saranno un po' di mobilitazioni, naturalmente, e quegli accenti giusti per sottolineare che la battaglia contro la cosiddetta "Riforma del lavoro" ancora non è finita.
Partito della Fiom? A giudicare dai contenuti messi sul tavolo, sembra più che altro una Fiom che si dà tanto da fare. E non certo per esibire un improbabile protagonismo. E’ sempre la solita grande Fiom, che da più di un decennio ha deciso di difendere con le unghie e con i denti i diritti dei lavoratori. Questo sì. L’unico riferimento esplicito che ad un certo punto il leader Maurizio Landini fa è al sindacato delle origini quando insieme alla piattaforma generale veniva posto il problema del significato generale della lotta, ovvero della trasformazione della società.
Oggi c’è più che altro un sindacato che viene messo nell’angolo dalla politica, dagli imprenditori e dal governo. E quindi cerca, quasi per istinto, un modo efficace di difendersi.
Del resto, come sottolinea lo stesso Landini nell’introduzione l’offensiva non è certo di poco conto né, tanto meno, “tattica”. C’è una Fiat che sta facendo a pezzi la Costituzione della Repubblica italiana nell’indifferenza generale. C’è un sindacato che si sta facendo a pezzi da solo e sta cancellando oltre alle conquiste di questi anni il rapporto democratico con i lavoratori. C’è una crisi usando la quale si tenta di stravolgere la condizione del lavoro. C’è, infine, una colpevole mancanza di politica industriale che regala alle imprese la facoltà di inseguire il “profitto immediato” senza preoccuparsi di avere una visione di medio-lungo periodo. A tutto questo non basta opporre una piattaforma. Occorre mettere mano a un programma politico che spazi dalle pensioni alla riduzione dell’orario di lavoro, dalla lotta all’evasione alla patrimoniale passando per il reddito di cittadinanza e la scuola. Insomma, Landini la chiama “costruzione di un altro punto di vista”.
A preoccupare molto la Fiom è la mancanza della legge sulla rappresentanza. La vicenda della Fiat, basata sulla cooptazione delle sigle ha impresso una accelerazione senza precedenti alla trasformazione della natura del sindacato. Rischia di scomparire il principio base che tiene in piedi il rapporto con i lavoratori: poter contare attraverso il voto. “E’ da lì che parte l’unità sindacale – dice Landini – non da una alchimia politica”. Il Pd si guarda bene dal prendere un impegno certo. Pier Luigi Bersani, che risponde a Landini un po’ come quando si fa l’inventario delle cose da mettere in valigia per una lunga vacanza, parla di una “legge d’appoggio”. Che vorrà mai dire? Del resto non si sente in debito verso la chiarezza, nemmeno di fronte una platea di sindacalisti e di lavoratori. E i fischi, scatenatisi sull.’articolo 18, li prende anche un po’ per questo atteggiamento di superiorità. Tutto l’intervento è percorso dal solito leit motiv “questa è una fase di transizione e quindi dobbiamo badare a difendersi”.  E così tra un “punto di riflessione” sul meccanismo “solo contributivo” e la “nebbia della Fiat” ecco che guadagna l’uscita molto prima che finiscano gli interventi. Prima di Flores D’Arcais, che non si risparmia nulla. “Le risposte che traccheggiano – dice all’indirizzo del Pd – sono le peggiori”. D’Arcais, libero dalla politica, imbastisce un intervento che fa l’esatta fotografia della situazione: “La bestia nera per l’estabilishment si chiama Fiom”, dice. Da qui la necessità di “inventare uno strumento” di fronte al “No” totale del Pd. Una chiave, quella della critica al Pd, che sta al centro anche degli interventi di altri intellettuali, come Stefano Rodotà, applauditissimo, che mette sotto accusa l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Ma non di Mario Tronti – non a caso ripreso da Bersani – per cui è inutile starsela tanto a raccontare: il problema in questo momento è prendere il potere.
Chi entra parecchio in palla è il leader dell’Idv Antonio Di Pietro pronto a scaricare le pistole soprattutto contro Bersani, che a sua volta non gli nasconde un visibile fastidio. “Gli elettori non hanno bisogno di una foto (il riferimento è alla "foto di Vasto",ndr) ma di una proposta concreta, come ha detto Romano Prodi. Non vogliamo fare scelte suicide ma scelte di campo e chiederemo alla società civile, ai movimenti la forza di portare avanti le nostre idee”. “Perché devo votare Monti – aggiunge – se è una sobrietà che mi fa morire di fame?”.
La proposta del segretario del Pdci Oliviero Diliberto, che sottoscrive in pieno le parole di Landini, sembra un teorema: “Ritorniamo insieme - rivolgendosi a Vendola - facciamo un percorso unitario. E poi come soggetto unico negoziamo l'alleanza con il Pd”. Niki Vendola, a scanso di equivoci, si tiene ben distante. Il suo intervento, anche in questo caso fortemente “narrativo”, è uno slalom continuo largo rispetto ai temi spinosi e incredibilmente lento rispetto all’attualità. Parla di “agenda”, “coalizione di lavoro” e “buona partenza”, ma in quanto a prendere impegni preferisce rimandare a tempi migliori.
Paolo Ferrero, che parla subito dopo Landini, definisce quello della Fiom “un ottimo programma di governo”. “Un programma del genere lo firmerei subito – aggiunge -. Costruiamo un polo di sinistra attorno a questo progetto, e solo dopo un’unità del genere potremo decidere se e come fare delle alleanze”. Ferrero parla di mobilitazione unitaria e anche della possibilità di mettere in campo un referendum. Sul fiscal compact, che equivale al memorandum della Grecia, è sicuramente il caso di mettere in campo una “azione durissima”.

Read more...

venerdì 8 giugno 2012

FATTACCIO A MARANELLO

0 commenti

Mentre i nostri territori sono alle prese con le drammatiche conseguenze del sisma, nelle ore immediatamente successive alla scossa di martedì 29 maggio alla Ferrari veniva firmato un contratto integrativo aziendale tra l'Azienda e le organizzazioni sindacali “complici” (Fim, Uilm, Fismic).
Sul piano del merito, l'accordo è pessimo: scarsissimi i risultati salariali e forte adesione al “modello Marchionne”  anche in sede di contrattazione aziendale, con perdite rilevanti legate alla presenza (secondo la filosofia che chi sciopera, chi si ammala, chi ha problemi familiari è un assenteista e va punito).
Inaccettabile anche il metodo: l'ennesimo accordo separato che tiene fuori la Fiom - Cgil, il sindacato più rappresentativo tra gli operai, preceduto da improvvisate  micro assemblee nei reparti (in cui ai lavoratori non veniva dato niente di scritto per valutare i contenuti) e una consultazione totalmente opaca, in cui nessuno, come al solito, può controllare l'esito.  Con questo sistema di relazioni sindacali, è come se l'Azienda firmasse  accordi con se stessa, essendo il ruolo e la credibilità dei firmatari sindacali totalmente fagocitata dalla volontà Fiat.
MA LA COSA CHE PIU' INDIGNA, E' LA TEMPISTICA DI QUESTA VERTENZA.
DOPO ANNI DI TRATTATIVE A VUOTO, SI E' DATA UN'ACCELERAZIONE IMPROVVISA PROPRIO NELLE ORE SUCCESSIVE ALLA SECONDA SCOSSA, QUANDO LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DI MARANELLO (ALCUNI RESIDENTI NEI PAESI DELLA BASSA) DOVEVANO AFFRONTARE  ALTRI PROBLEMI.  SE L'ACCORDO ERA TANTO BUONO, CHE FRETTA C'ERA DI CHIUDERLO E IMPACCHETTARLO COSI' IN FRETTA, IN UN CLIMA IN CUI NON ERA POSSIBILE UNA VALUTAZIONE SERENA?
Insomma:  il furto di diritti e di salario andranno a nostro avviso annoverati tra le conseguenze “di classe” del terremoto, ovvero una serie di attacchi ai lavoratori portati avanti dal padronato proprio nel momento della tragedia e dello stato di bisogno in cui versano tante famiglie.
Un po' quello che sta succedendo in Parlamento, dove l'abrogazione di fatto dell'Art.18 (contenuta nel ddl Fornero) sta passando “alla chetichella” con voto di fiducia, senza alcun dibattito dentro e fuori il Parlamento, mentre il paese si stringe solidale intorno alle nostre terre così duramente colpite.

CIRCOLO PRC “GRAMSCI” MODENA CITTA’

  
Read more...

MONTI: SEDOTTO E ABBANDONATO DAI POTERI FORTI

0 commenti

Povero Monti, lasciato solo dai “poteri forti”!
In effetti l’appoggio della BCE, del FMI, della Commissione UE, del sistema bancario, ecc. ecc. testimonia di questa sua solitudine. Ed egli, intrepido eroe e patriota sfida gli economisti Giavazzi-Alesina (peraltro da sempre suoi sostenitori e consanguinei in termini di affiliazione ideologica) che lo hanno (poffarbacco!) criticato dalle pagine del Corriere della Sera.
Che ingrati questi “poteri forti”. Non si accontentano mai. Come può un povero militante dell’ideologia dei padroni, un duro e puro che ha dedicato la vita all’interesse del Capitale, qualunque esso sia e qualsiasi conseguenza abbia (collaborando, ad esempio con Goldman Sachs, alle peggiori politiche di sfruttamento e riduzione alla fame dei popoli del terzo mondo, attraverso la speculazione sui prezzi delle derrate alimentari) essere criticato dal Corriere e da Confindustria. Non c’è più religione. Non basta la peggiore controriforma europea delle pensioni, non basta l’azzeramento dei diritti del Lavoro, non basta mettere sul lastrico centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori in conseguenza dell’effetto congiunto dell’aumento dell’età pensionabile e della drastica riduzione degli ammortizzatori sociali.
Il fatto è che il nostro eroe preferisce la parte di vittima a quella di asino dell’economia. Le sue politiche hanno contribuito al peggioramento di tutti gli indicatori economici e stanno pesando come macigni sulla qualità della vita dei sudditi, concessigli in ostaggio dal connubio tra PD e PDL, dal collaborazionismo di CISL, UIL, UGL e dall’ipocrisia della CGIL.
Il suo governo si può fregiare dei peggiori dati in termini di PIL, produzione industriale, occupazione, inflazione e debito pubblico. Quest’ultimo, sempre evocato come l’obiettivo principale, è peggiorato sia in termini assoluti che percentuali rispetto al PIL. Ultimo esempio, l’ammanco di 3,5 mld. di entrate fiscali rispetto alle sue previsioni (del dicembre scorso), nei primi quattro mesi di quest’anno, dovuto in gran parte alle minori entrate dell’IVA. Insomma, come largamente prevedibile, aumentando le imposte e tartassando salari e pensioni si è ottenuta un’ulteriore stretta dei consumi che ha ridotto le entrate.
Insomma, il governo dei “professori” è riuscito a ridurre il gettito fiscale, aumentando le imposte. Non male! Come avvenuto in Grecia, le politiche suicide di BCE-FMI-UE massacrano l’economia e richiedono sempre ulteriori interventi recessivi. Monti anziché allontanarci dal pericolo greco, ci avvicina rapidamente ad esso.
La spiegazione c’è. Questo emissario degli interessi del capitale finanziario sta portando a termine il suo compito: piallare diritti e redditi da Lavoro e devastare il welfare. Mettere in ginocchio le classi subalterne per garantire la massima profittabilità del capitale finanziario. Non c’è certo inconsapevolezza degli effetti delle sue scelte, al contrario, si tratta di una consapevole e forsennata politica di classe.
Monti richiama sempre più alla mente una famosa battuta di una grande “maschera” della commedia dialettale genovese. Gilberto Govi diceva alla moglie (impenitente bugiarda): “Gina, che faccia! E lastre fan sangue!” (traduzione: hai una faccia talmente tosta che, se cadi, le lastre della strada sanguinano).
Sergio Casanova

Read more...

giovedì 7 giugno 2012

No alla controriforma del lavoro No alla precarietà

0 commenti

Con la controriforma del lavoro approvata con voto di fiducia al Senato, tutto il mondo del lavoro, senza distinzioni, diventa precario e sottoposto alle peggiori condizioni di ricatto e sfruttamento.
La controriforma Fornero:

Ø estende e rende ancora più facile la precarietà dei contratti, completando l’opera della legge Biagi e del pacchetto Treu. Le 46 forme di contratto precario restano tutte e, anzi in molti casi (apprendistato, lavoro a chiamata, contratti a termine), le condizioni dei lavoratori vengono ancora peggiorate.
Ø Si tagliano brutalmente gli ammortizzatori sociali, cancellando la Cassa integrazione e la mobilità per chi ne ha più bisogno. Al loro posto solo un’indennità di disoccupazione di 18 mesi per chi ha più di 55 anni,  che può essere cancellata se si rifiutano lavori pagati 400 euro al mese.
Ø Nessun reddito sociale, nessuna estensione dei diritti, ma solo una ridicola mini-indennità di disoccupazione della durata di 3 mesi per i più fortunati tra i precari.
Ø Si aumentano le tasse sul lavoro precario, che verranno pagate con la riduzione dei salari.
Ø Si cancella l’articolo 18. La libertà di licenziamento economico in piena crisi economica significa la totale libertà di licenziamento. Si distrugge così lo Statuto dei diritti dei lavoratori.

Questa controriforma risponde ai diktat della Bce e della finanza internazionale. Il uso scopo è quello di estendere ovunque il lavoro a basso costo e a supersfruttamento, applicando a tutto il mondo del lavoro il modello Marchionne. La più vergognosa bugia del governo è che questa cancellazione dei diritti dia più possibilità ai giovani e alle donne. E’ vero l’esatto contrario, saranno proprio i giovani, i precari e le donne a pagare di più i costi della controriforma.
Questa controriforma terribile passa con il voto favorevole del Partito Democratico e con la complicità, la debolezza, lo spirito di resa, di Cgil Cisl Uil. In nessun paese europeo sono passate riforme sociali così brutali, le pensioni, il lavoro, l’Imu, senza una reazione delle grandi organizzazioni. Solo in Italia questo è successo.

Non possiamo rassegnarci ai cedimenti politici e sindacali. Ci vuole uno sciopero generale che fermi il paese e una mobilitazione che duri fino a far cadere il governo.

8 GIUGNO 2012

Manifestazioni in tutte le piazze d'Italia

Genova ore 17 p. De Ferrari

 

COMITATO NO DEBITO GENOVA

www.nodebito.it  nodebitogenova@gmail.com  3452273436


Partecipano: Usb, Cobas, Snater, Prc, Sinistra Critica, Attac

Read more...

NO ALLA CONTRORIFORMA DEL LAVORO LICENZIAMO MONTI !

0 commenti

Il governo dei banchieri, della Bce e dell'Unione Europea ha sferrato un durissimo attacco ai lavoratori attraverso riforme che cancellano il diritto alla  pensione, aumentano in modo insopportabile la pressione fiscale sul reddito fisso a partire dall'introduzione dell'IMU, colpiscono i consumi essenziali.

In queste ore alla Camera si discute l'ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori. La controriforma del lavoro, già approvata al Senato, cancella l'articolo 18, taglia indiscriminatamente gli ammortizzatori sociali, aumenta la precarietà e apre ai licenziamenti di massa nel Pubblico Impiego.

Contro questo attacco indiscriminato alle condizioni di vita e di lavoro , in contemporanea con analoghe iniziative a Roma di fronte a Montecitorio e in tutta Italia

PRESIDIO PIAZZA DE FERRARI
8 GIUGNO 2012    ORE 17

Aderiscono : Comitato No debito Genova, Usb, Cobas,  Snater ,  Prc  Genova, Sinistra Critica Ge,  Attac Genova.
Read more...