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mercoledì 25 aprile 2012

Contro ogni retorica - Per un 25 Aprile di lotta

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Il clima di unità nazionale e di sostegno al governo tecnico da parte di Pd, Pdl e Terzo polo prova a nascondere e a reprimere le tensioni crescenti nel paese, e di fascismo non se ne parla più se non malvolentieri. Nel frattempo, gli antifascisti sono processati, come accade a Matteo Parlati e Matteo Pirazzoli, accusati di aver contrastato una manifestazione della Fiamma tricolore che commemorava la marcia su Roma.

Due pesi, due misure, come da tradizione della magistratura italiana: il console picchiatore Vattani è stato riammesso nel servizio diplomatico, per la gioia dei suoi camerati di Casa Pound e del suo amico Alemanno, da anni ormai impegnato a sistemare i propri squadristi nei principali enti e posti di potere di Roma e del Lazio.
Dopo anni di grida e appelli contro il pericolo della dittatura fascista di Berlusconi, gli stessi promotori di quegli stessi appelli, che siano essi del Pd o del popolo viola, sostengono attivamente un governo ferocemente antioperaio e nemico dei precari e dei giovani, e volutamente glissano sull’appoggio insieme al Pdl al governo di unità nazionale di Monti. Per questi rappresentanti degli interessi della borghesia “buona” e “illuminata” il loro 25 aprile è stato il giorno delle dimissioni di Berlusconi.
Per i comunisti quel giorno ha rappresentato l’ennesimo 8 settembre di questo nostro paese, e qui si ferma l’analogia storica: il compromesso tra le varie parti della borghesia e del padronato è scaricato sulle spalle dei giovani e dei lavoratori. Prepariamoci a un 25 aprile politicamente corretto, con vuoti appelli istituzionali all’unità del paese nel momento della crisi. La retorica dei palchi proverà ancora una volta a rimuovere, in un momento in cui le tensioni sociali possono soltanto crescere, la memoria e la storia rivoluzionaria della Resistenza partigiana al nazifascismo, dell’assalto al cielo in difesa della propria terra, della dignità e della libertà di centinaia di migliaia di combattenti.
Il terreno è stato preparato nel corso dei decenni con grande accuratezza, c’è da dire. Prima le celebrazioni negli anni cinquanta-sessanta delle autorità, con vescovi, generali, amministratori tutti con un passato in camicia nera; poi, dal 1968 in poi, il contrasto tra chi vedeva nella Resistenza la rivoluzione mancata, l’occasione persa del riscatto e della costruzione di un nuovo ordine sociale e chi invece dipingeva una lotta per la “democrazia progressiva” o per l’ordine costituzionale assente ; infine, le revisioni e le menzogne di nuovi compromessi, nuovi partiti e pennivendoli di regime, pronti a buttare fango sul sangue versato dai partigiani.
La verità è un’altra: noi non commemoriamo il 25 aprile, lo ricordiamo e lo difendiamo. Difendiamo una memoria fatta di stragi, di violenze, di oppressione, iniziate non l’8 settembre 1943, ma dalla fondazione dei Fasci mussoliniani. Ricordiamo gli assalti alle Case del popolo, alle sezioni comuniste e socialiste, i pestaggi e gli agguati ai lavoratori, le minacce e le devastazioni che da Trieste alla Sicilia videro le camicie nere protagoniste.
Ricordiamo il sacrificio di migliaia di oppositori condannati dal Tribunale speciale, degli esuli perseguitati, di Antonio Gramsci di cui ricorre il 75° anniversario dalla morte sotto la stretta sorveglianza fascista e la cui memoria è puntualmente sotto attacco da parte di qualche intellettuale alla moda, coccolato dai media borghesi.
La Resistenza non è stata la prosecuzione di un Risorgimento idealizzato e liberale, monarchico e d’ordine (e anche su questo ci sarebbe da discutere), ma un movimento rivoluzionario degli sfruttati, non solo sulle montagne e nel Settentrione, ma anche nel Mezzogiorno e nelle città. Gli scioperi del marzo ’43, le agitazioni operaie e per la terra nel breve periodo tra il 25 luglio e l’8 settembre, le quattro giornate di Napoli e le attività della Resistenza romana sono solo alcune delle pagine scritte dal movimento operaio, partigiano, assieme alla lotta senza quartiere delle formazioni di “ribelli” nelle regioni settentrionali occupate dai nazisti e dai loro alleati.
E il fascismo può attecchire oggi anche per l’opera sistematica di svuotamento e di mummificazione della Resistenza, attuata a destra e a sinistra: il revisionismo promosso a piene mani sulla stampa e dalle forze politiche; l’istituzione di giornate della memoria come quella del 10 febbraio sulle foibe e la costante rimozione degli “elementi di divisione” dalla politica italiana, ovvero la differenza tra chi ha combattuto per la libertà e per un mondo di giustizia e tra chi deportava e ammazzava.
La crisi economica in Europa vede i tentativi di forze di estrema destra e apertamente fasciste di radicarsi tra i lavoratori e il sottoproletario, con programmi razzisti e una generica retorica contro le banche e la finanza. Casa Pound è solo l’espressione italiana di un processo generale in Europa, tollerato dalle forze dell’ordine e lasciato crescere con la complicità e la contiguità del Pdl, che spesso ha ospitato (a Napoli, a Roma, a Firenze) i fascisti del terzo millennio nelle sue liste elettorali. Da un lato, slogan contro le banche, dall’altro, al servizio diretto del padronato: ecco la realtà del fascismo di ieri ed oggi, con le sue bande sempre pronte ad aggredire militanti di sinistra, immigrati e omosessuali.
L’eredità della lotta partigiana è nelle battaglie di questi giorni e non nei vuoti appelli in difesa della Costituzione: nella resistenza alla Tav, nelle mobilitazioni operaie a difesa dell’articolo 18 e del lavoro, nella quotidiana costruzione di un’alternativa complessiva a questo sistema votato alla distruzione e alla repressione.
La nostra resistenza, ieri come oggi, continua nella lotta per la liberazione dell’umanità dallo sfruttamento capitalistico, per il socialismo.

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