Scritto da Claudio Bellotti
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Mercoledì 14 Marzo 2012 14:57
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La crisi sottopone i lavoratori a una pressione senza
precedenti, con i licenziamenti, i tagli, i piani di austerità. Allo stesso
modo mette anche a dura prova le concezioni politiche e i programmi di tutte
le forze sindacali e politiche della sinistra. In tutta Europa i partiti
riformisti si sono pienamente adeguati alle logiche del sistema e sono in
prima linea nell’imporre le politiche di “risanamento”. I dirigenti delle
principali organizzazioni sindacali si trovano completamente spiazzati e
incapaci di organizzare una risposta all’altezza della situazione.
Tutto questo mette a nudo il vuoto a sinistra; esiste un
dibattito fra le forze della sinistra di alternativa e nei settori sindacali
più combattivi su quali possano essere le alternative alle politiche
dominanti, ma una proposta chiara e capace di riaggregare la classe fatica ad
emergere.
Da più parti ci si lamenta che i lavoratori non reagiscono
e che c’è passività nella società. Noi crediamo che questa non sia altro che
una scusa da parte di gruppi dirigenti che definire inadeguati è dire poco. È
vero che la crisi rende difficile l’organizzazione del conflitto nei luoghi
di lavoro, ma la rabbia che cresce nella società è enorme. In questo senso la
Grecia ci indica il nostro futuro non solo per il carattere particolarmente
profondo della crisi, ma anche per la grande risposta che da oltre un anno i
lavoratori hanno saputo mettere in campo.
Il movimento operaio ha bisogno innanzitutto di percepire
che nei suoi gruppi dirigenti c’è chiarezza di idee, di programmi e di
proposte di azione. Purtroppo ciò che viene trasmesso in questo momento è
l’esatto contrario: confusione, paura e subordinazione alle ragioni
dell’avversario.
In campo vi sono sostanzialmente tre posizioni.
La borghesia dice “il debito va pagato, costi quello che
costi, con decenni di austerità”. Su questo non vi sono sostanziali
divergenze tra le grandi forze politiche, anche se esiste un conflitto, a
volte latente e a volte aperto, tra debitori e creditori.
Una seconda posizione dice “il debito va pagato, ma il
carico va equamente distribuito fra le varie classi sociali”; è la posizione
delle burocrazie sindacali e delle forze riformiste; è anche presente nel Pd,
tuttavia di fronte ai diktat dei “mercati”, ossia del
capitale, queste forze non fanno altro che lamentarsi per poi inchinarsi. La
Grecia lo dimostra (tragedia) e anche il Pd (farsa).
Infine una terza posizione viene proposta in ambiti di
sinistra sindacale, di movimento giovanile, fra le forze della sinistra
radicale, ed è la posizione di “non pagare il debito”. È di questa che
vogliamo qui occuparci.
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giovedì 15 marzo 2012
Crisi, debito, default. Rompere con l’utopia
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