Pages

 

mercoledì 23 novembre 2011

Solo la Fiom si ribella al modello Pomigliano per tutta la Fiat

0 commenti
Subito due ore di sciopero, da utilizzare nei prossimi giorni per tenere assemblee informative in tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat. Dopodichè sarà il comitato centrale della Fiom, già convocato per il 29 novembre, a valutare le azioni più «utili e efficaci» da intraprendere a difesa della «libertà» e dei «diritti dei lavoratori», compresa l’eventuale proclamazione di un nuovo sciopero generale di categoria. I metalmeccanici della Cgil fanno quadrato all’indomani della decisione della Fiat di disdettare tutti i contratti applicati nel gruppo e tutti gli altri contratti e accordi aziendali e territoriali vigenti. Una mossa per certi versi attesa, dopo l’uscita del Lingotto da Confindustria, ma non per questo meno grave, in primo luogo per gli effetti negativi che essa produrrà sulla vita concreta dei 70mila operai dell’azienda. Senza contare che la breccia nelle relazioni sindacali aperta da Sergio Marchionne rischia di diventare una voragine, con migliaia di altre imprese operanti in Italia che potrebbero facilmente seguire la strada indicata dal numero uno di Fiat-Chrysler.
L’obiettivo di Marchionne, non dichiarato, era tuttavia chiaro fin dall’inizio: sostituire il vecchio contratto nazionale dei metalmeccanici con l’accordo separato raggiunto per Pomigliano d’Arco. Un accordo che la Fiom «non ha firmato e non firmerà mai», ribadisce il segretario generale Maurizio Landini, perché peggiorativo delle condizioni dei lavoratori. Secondo Cisl e Uil, quell’intesa avrebbe dovuto essere un’eccezione, motivata con la necessità di rimuovere alcune problematiche particolari che limitavano la produttività dello stabilimento campano, per convincere la Fiat a dar seguito agli investimenti promessi. Quindi: taglio delle pause e aumento dei ritmi, fino alla limitazione del diritto di sciopero. Invece la Fiom lo aveva capito subito che Marchionne non si sarebbe fermato lì. Risultato: dal primo gennaio 2012 tutta la Fiat diventerà come Pomigliano, mentre il progetto Fabbrica Italia resta avvolto nella nebbia, malgrado i chiarimenti chiesti dalla Consob.
Purtroppo le tute blu della Cgil resteranno da sole a condurre questa battaglia. Per gli altri sindacati, a cominciare da Fim e Uilm, non è successo nulla di grave. «Ora l’azienda ci convochi subito per mettere a punto il nuovo contratto del comparto dell’auto», recita una lettera firmata anche dal Fismic. Il tavolo, fa sapere la Uilm, dovrebbe partire la prossima settimana. La Cisl, spiega Raffaele Bonanni, è «interessata a mantenere una regola nazionale per tutti gli stabilimenti Fiat e a stabilire regole contrattuali di secondo livello che si attaglino a ogni singola azienda Fiat», come accade per le Poste e per l’Enel. Dopo l’introduzione del «modello Pomigliano», ricorda ancora Bonanni, «molti dicevano che non si sarebbe investito» invece «hanno preso i lavoratori, si è stabilizzata la produzione delle Panda e, lavorando meglio, si guadagnerà in media 4000-4500 euro in più l’anno». Sarà: per ora l’unica certezza è che tra tre giorni Termini Imerese cesserà la produzione e che, nel frattempo, la cassa integrazione in tutto il gruppo è aumentata.
La decisione di Marchionne non riguarda solo i dipendenti della Fiat e nemmeno i metalmeccanici, ma tutti i lavoratori italiani. Landini lo ripete più volte, la Cgil se n’è già resa conto. Ieri Susanna Camusso ha esplicitamente accusato il Lingotto di voler «scaricare sui lavoratori le conseguenze delle sue non scelte». Dopodiché ha rivolto un appello a Cisl e Uil: «Un grande sindacato confederale - osserva Camusso - non può mai accettare un’azienda che decida di escludere altri sindacati». A Pomigliano infatti è stato stabilito che non solo i lavoratori non possono eleggere i propri rappresentanti ma chi non è firmatario del contratto non ha il diritto di essere rappresentato. Secondo Luigi Angeletti, è giusto così: «Per rilanciare l’industria dell’auto - spiega il numero uno della Uil - è necessario puntare sulla crescita salariale e sulla produttività». In questo quadro, «tutti i sindacati - afferma Angeletti - devono assumersi la responsabilità di offrire ai lavoratori della Fiat una prospettiva di sviluppo. Non è accettabile, dunque, che la Fiom operi in una condizione di privilegio in cui, da un lato, non si assume alcun impegno contrattuale e, dall’altro, pretende di avere mani libere, violando così la legge e, in particolare, lo Statuto dei diritti dei lavoratori». Per la verità, una sentenza di primo grado emessa dal giudice di Torino ha stabilito che semmai è il contratto di Pomigliano a violare la legge, proprio perché nega ai lavoratori il diritto di scegliersi il sindacato da cui farsi rappresentare.
«Se il nuovo governo ha qualcosa da dire di diverso dal vecchio, lo faccia. Il tempo delle ipocrisie è finito», insiste Landini. Richiesta, per il momento, inevasa. L’unica cosa che ha saputo fare ieri il neoministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, è stato trincerarsi dietro un imbarazzante “no comment”. Chi non ha certo paura di prendere posizione è
Paolo Ferrero: «La Fiat con un’azione eversiva si pone fuori dalla Costituzione italiana», accusa il segretario nazionale di Rifondazione comunista, che denuncia anche l’«assordante silenzio» del governo Monti.

0 commenti: